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A Pellegrina l'ex Villa De Leo tra passato e presente, sperando che non torni a trionfare lo stato di abbandono

2. Prospetto verso il mare2. Prospetto verso il mareBAGNARA CALABRA - “C’era una volta…” è la classica espressione introduttiva di una narrazione che, come per magia, proietta il lettore ad un epoca meravigliosa. E a me piace continuare a scrivere su questa frase perché, appunto, tanto tempo fa, arroccato sulle colline di Bagnara Calabra, c’era un piccolo villaggio di nome Pellegrina. Era una piccola grande realtà fatta di gente con immane attitudine al lavoro offerto dalla propria terra: contadini, vignaioli, pastori, boscaioli… famiglie numerose, che animavano le vie e i campi. Il giorno e la notte erano meccanismi perfetti e tutti vivevano felici, perché la vita era fatta di piccole cose ma di grande valore.

E se portiamo il nastro del tempo agli anni ’20 del secolo scorso, la storia ci mostrerebbe gli abitanti mentre cercavano di rialzarsi dopo le paure della Prima Guerra Mondiale, ma più di tutto dai danni materiali ed emotivi prodotti dal sisma del 1908. Il villaggio a quel tempo era costituito da costruzioni perlopiù economiche: una piccola parte di strutture che resistettero al sisma, semplici edifici in muratura ricostruiti e poi il centro baraccato, sorto in un’area in cui prima della catastrofe vi era un grande giardino. Non vi erano edifici di particolar valenza artistica e storica, neppure una chiesa in quanto fu distrutta dal terremoto; sino agli anni ’30 le funzioni religiose furono svolte nella chiesa baraccata, poi sostituita dall’attuale chiesa parrocchiale.
1. Pellegrina zona baraccata inizio anni 20 11. Pellegrina zona baraccata inizio anni 20 1Dinanzi a tale scenario, in questo campo di umili margherite, nel 1922 venne posto il seme di una rosa: una edificio con un viso diverso, impossibile da non essere notato. Nel volto “du Palazzu” si cela senz’altro una sorta di autoritratto di colui che diede alla luce la sua forma e le sue tonalità. Sebbene nacque a Genova nel 1873, l’Ing. Eugenio Mollino fu torinese d’adozione, dove conseguì la laurea in ingegneria civile e visse fino alla sua morte nel 1953. La sua attività professionale si dispiega in un arco di tempo molto lungo, operando principalmente nel nord-ovest dell’Italia. Una eccezione alla regola è rappresenta dalla Calabria, con diversi interventi soprattutto a Bagnara Calabra, commissionati nella quasi totalità dalla famiglia De Leo. Il primo progetto di Mollino nella terra bagnarese risale al 1910 e riguarda la famosa Villa ubicata a monte del ponte di Caravilla. Successivamente progettò l’Ospizio di Carità nel 1915, operò per la ricostruzione del campanile della chiesa barocca del Carmine nel 1916 e così via con altrettante impronte costruttive di particolare importanza.
Il progetto originale della Villa, come del resto tutte le sue opere, è conservato presso l’archivio storico del Politecnico di Torino. Consta di circa cinquanta tavole grafiche ed è sprovvisto di relazione tecnica e del fascicolo dei calcoli, molto probabilmente andati perduti nel corso degli anni. La Villa nacque con lo spirito principale di divenire la residenza estiva del Cav. Vincenzo De Leo (1896-1984), figlio del Comm. Antonio fu Rosario (1868-1937). I membri della famiglia De Leo vantavano ampie possibilità di preferenza su dove poter situare un’opera all’interno del territorio bagnarese. La scelta di ubicare la villa in quella precisa zona di Pellegrina fu dettata principalmente dalla peculiare posizione geografica, dalla quale è possibile ammirare col fiato sospeso l’intera area dello Stretto di Messina e delle Isole Eolie. Dal lato monte la villa è prospiciente alla via Quadro Vecchio, dai rimanenti fianchi era circondata da un’area puramente verde. Nelle adiacenze dell’edificio vi era un cospicuo spazio con pregevoli specie vegetali, in cui ancora è ubicata una elegante vasca circolare. Superata tale fascia vi erano ampie porzioni di terreno adibite a vigneto, in cui emergeva la coltivazione del vitigno di zibibbo.
La ex villa è strutturata su tre livelli. Vi è il piano semi-sotterraneo, allora utilizzato per il ricovero dei mezzi e degli attrezzi, per la sistemazione degli impianti e dei servizi. Il piano terra con l’ingresso principale prospiciente alla via Quadro Vecchio, costituito da un raffinato spazio porticato ospitante una fontana. In questo livello si trovavano la zona giorno e gli ambienti di studio e di rappresentanza. Attraverso una elegante scala interna, allora comunicante anche con l’ingresso secondario del pianterreno, si accede al livello superiore dove era collocata la zona notte. L’ampio disimpegno posto all’ingresso, oltre a condurre alle camere da letto, porta ad un terrazzo rettangolare con affaccio sul lato monte. La copertura è del tipo a padiglione, realizzata interamente in legno e a quel tempo, con un manto in lastre di ardesia.

3. Lato monte aprile 20093. Lato monte aprile 2009Lo stile liberty, ricco di idee tratte prevalentemente dal regno vegetale, fa rispecchiare in forma più semplice il volto della sorella maggiore, ossia della famosa Villa situata a Bagnara Calabra, allora residenza principale della famiglia De Leo. In modo particolare ciò si evince sui marcapiani e sui cornicioni, negli infissi sia esterni che interni, sulla tipologia dei pavimenti, nei cromatismi delle finiture, nelle decorazioni pittoriche e in parte degli arredi. L’edificio oltre ad essere stato simbolo di bellezza ed eleganza grazie al suo stile, si sposava con l’innovazione tecnologica del tempo. Nel villaggio pellegrinese è stata la prima struttura ad essere concepita sulla base delle normative antisismiche emanate dopo il terremoto del 1908. In particolar modo, è stata progettata secondo il Decreto Legge n. 1526 del 1916, il quale dopo le prime restrizioni del R.D. 18 aprile 1909 sostituito dal D.R. n. del 6 Settembre 1912, fu il primo regolamento ad introdurre la quantificazione delle forze sismiche e la loro distribuzione lungo l’altezza dell’edificio.

Un secondo aspetto innovativo concerne l’impiego del calcestruzzo armato per la realizzazione dei solai (tipo misto a laterizio), delle piattebande di collegamento ma soprattutto per intelaiare i muri portanti di mattoni pieni, disposti a tre teste, ad una maglia chiusa di pilastri. Occorre però precisare che la conoscenza teorica sul comportamento del materiale era ancora in via di sviluppo. Solo nel 1907 il Ministero dei Lavori Pubblici adottò le prime prescrizioni consistenti in una sintesi degli unici regolamenti esistenti non a scala nazionale, ossia quelli della città di Torino e delle province di Ravenna e Ferrara, che rimasero in vigore fino al 1925. Nel villaggio pellegrinese, per vedere la seconda struttura in cui viene impiegato in modo significativo il c.a., occorre aspettare sino alla realizzazione dell’attuale chiesa parrocchiale, progettata nel 1928.
Agli inizi degli anni ’80 con l’acquisto da parte del Comune di Bagnara Calabra, la villa passa da bene privato a patrimonio pubblico. Ma solo qualche anno dopo, improvvisamente, l’edifico muore: l’incendio dell’agosto 1985, oltre ad averlo privato materialmente di ogni suo particolare, ha bruciato per sempre la sua dignità. La non più Villa ha continuato a vivere senza la sua copertura a padiglione: sino al 2015 non è stato attuato nessun intervento di protezione e di salvaguardia del bene. Ai danni prodotti dalle fiamme si aggiunge l’aggravio trentennale dell’azione degli agenti atmosferici, nonché lo stato di abbandono che ha favorito il saccheggiamento di ogni suo bene. Ciò ha dimostrato, ancora una volta, la totale mancanza di sensibilità verso il patrimonio artistico e storico del nostro paese, soprattutto dinanzi ad un pregevole esempio libertyaro di questa portata.
All’interno di questa ottica, sento il bisogno di fare un piccolo inciso. Personalmente, in primis da cittadino, non ho condiviso la scelta maturata un paio di anni fa, circa la riqualificazione di questa struttura. Attenzione, il mio non è un voler andare contro ad un ipotetico sviluppo correlato alla riqualifica del patrimonio comunale; tale contraddizione si fonda su alcuni motivi che prevalgono agli aspetti del recupero. A distanza di trent’anni, dopo che la Ex Villa è stata per molto tempo rappresentata dai suoi spogli e piangenti muri e quindi, ufficialmente distrutta, offesa e dimenticata, ho trovato priva di logica la scelta di richiedere un corposo finanziamento pubblico ai fini della riqualificazione. Scelta che poteva essere plausibile parecchi anni prima - quando nonostante il danno si poteva recuperare molto di più! - e non nel periodo in cui la nave comunale navigava già sulla scia del naufragio. In quest’ultimo periodo storico, Bagnara avrebbe avuto bisogno di altri investimenti, oserei dire di prima necessità.
Ma in questa mattina di un freddo gennaio 2018, lo specchio del caffè mi riflette il volto di quest’opera, riqualificata grazie ad un finanziamento PISL 2013. Sebbene a bilancio - codice 4.03.1020, capitolo PEG n° 27448.00 - risulta una cifra pari a 1.201.000 Euro, per i lavori è stata impiegata una somma pari a 800.000 Euro che, nonostante la sua ingenza, non è stata sufficiente a completare l’edificio. Attualmente, oltre allo stato di incompiuta, la Ex Villa vive in un ambiente privo di idonei strumenti di sicurezza, quali recinzione della proprietà e sistema di videosorveglianza, e soprattutto è priva di una adeguata destinazione.

4. Lato monte gennaio 20184. Lato monte gennaio 2018Sin dalla tenera età ho avuto sempre il piacere di immaginare l’Ing. Mollino con quel folto baffo, quando la sua mano mossa dai meandri dei suoi pensieri, creava il volto della Villa. Anche l’entusiasmo del Cav. De Leo, immerso nel fresco odore di pittura della prima notte o il rumore della sua felicità nei giorni trascorsi assieme agli affetti più cari. Ho sempre avuto il piacere di immedesimarmi nella moltitudine di persone che ha lavorato tra quei vitigni di zibibbo e tra le lussuose stanze dell’edificio, che ha vissuto giornate di festa e di spensieratezza sotto quel cielo. Di respirare l’allegria dei giovani che in quel giardino hanno consumato sane ore di gioco, correndo dopo esser stati scovati dal nascondiglio o facendo gli equilibristi sul bordo della vasca, cadendoci spesso dentro. E ancor oggi, mi piace ricordare tutte quelle persone che con un semplice sguardo hanno accasato per sempre nel proprio cuore, quello che noi tutti abbiamo chiamato sin dalla sua nascita “U Palazzu”.
Prendendo atto della situazione attuale, costata svariate mila euro, mi piacerebbe che un po’ di molecole di questo passato ritornassero virtualmente a vivere e che magari, interagendo con uno nuovo presente, dessero vita ad una nuova storia. Un racconto che non si dimentichi del passato e che arricchisca ciascun cittadino, a cui spetta il sacrosanto diritto di utilizzare questa struttura, oggi pubblica. Sarebbe opportuno trovare una soluzione al più presto o meglio una ottimale destinazione che porti all’utilizzo del bene. Credo che “utilizzare” (il pianterreno è stato collaudato ed oggi, internamente, non è più comunicante con gli altri livelli della struttura) sia l’unica alternativa per porre fine allo stato di degrado che in silenzio avanza e che ahimè pone le condizioni che si verifichi quanto già è accaduto in passato.

Dott. Ing. Vincenzo Scordo