Sabato, 18 Maggio 2024
 
    Instagram         
 
Logo Unieuro Bagnara Calabra
 
Borgo in FioreBacco - Def 

BAGNARA Il piano di rientro impedisce ad Andrea di curarsi, ma la sorella Giusy Versace non si arrende: "non chiederemo a nessuno il diritto di vivere".

  • Categoria: Sociale

Andrea e GiusyAndrea e Giusy<<Mio fratello Andrea è stato per cinque anni in una nota struttura per autistici in Toscana. Quando all’improvviso, dall’oggi al domani, è stato dimesso. Il tutto dopo averlo imbottito con psicofarmaci pesanti, dopo averlo rovinato. Hanno pensato bene di buttarlo fuori per non avere ulteriori problemi, con la motivazione che è incompatibile con la struttura.  E ora nemmeno l’ASP di Reggio ci dà la possibilità di farlo assistere  come si deve>>.

Giusy Versace è una donna forte, che non chiede pietà ma solo di unire le forze contro l’ipocrisia delle istituzioni, <<che se ne fregano dei più deboli>>. Lei viene da Bagnara ma per far fronte alle esigenze di suo fratello Andrea, ragazzo autistico di 26 anni, si è trasferito in Toscana, stravolgendo la sua vita. La storia che racconta è ingarbugliata, <<aberrante>>, dice. Andrea, fino al 2009, è stato accudito in una struttura siciliana, per poi trasferirsi in Toscana, dove le cose, per i primi tempi, sono andate bene. Ma poco per volta tutto è degenerato: al giovane <<senza alcun consenso da parte della famiglia, sono stati somministrati psicofarmaci>>, arrivando anche al trattamento sanitario obbligatorio. <<Lui, rispetto a molti altri ragazzi autistici, è molto ricettivo. Quando è entrato in quella struttura leggeva e scriveva, era molto autonomo. Ora invece, è un automa. E’ passato da 70 a 110 chili, è peggiorato ed è un dato di fatto – spiega la sorella -. Alcuni esperti ci hanno detto che se avessero continuato ad imbottirlo di farmaci sarebbe morto. E quando si sono resi conto che potevano essere un problema lo hanno buttato fuori, con l’assurda giustificazione della sua incompatibilità. Ma come fa una persona autistica a non essere compatibile con una struttura che si occupa di autismo?>>.

Da ottobre scorso, dunque, Andrea vive a casa con la sua famiglia, senza alcuna assistenza, <<visto che chi doveva tutelarlo ci ha abbandonati>>. La famiglia ha presentato un esposto in procura, denunciando quanto subìto dal ragazzo. <<Noi abbiamo cambiato vita per stare vicino a lui e loro lo hanno sbattuto fuori. Ora lo stiamo disintossicando dai farmaci – aggiunge -, visto che loro lo hanno ridotto così. E visto che non è in grado di esprimere il suo disagio non posso sapere cosa altro gli hanno fatto. Che differenza c’è tra un lager e l’abbandono totale a cui vengono destinate queste persone, dal momento che poi porta al suicidio?>>.

Una denuncia forte, la sua, che riguarda anche la Calabria, che a causa del piano di rientro per la sanità non le ha <<concesso>> di far assistere Andrea in un’altra struttura in Emilia Romagna, ancora non convenzionata. <<Una soluzione c’era – spiega Giusy -, dal momento che la legge prevede il ricovero temporaneo per “sollievo” alla famiglia, fino a quando la struttura non viene accreditata. Ma il distretto 1 dell’Asp reggina mi ha detto che non si può per via del piano di rientro. Lo Stato, dunque, ci impedisce di accedere a strutture in grado di occuparsi di lui. E quindi non si fa? Nel frattempo buttiamolo pure via>>. A sostenere la sua battaglia l’avvocato Roberto Mastalia, che racconta quello di Andrea come un esempio dell’atteggiamento tipico dello Stato italiano: dopo i 18 anni,le persone affette da autismo smettono di esistere. <<Finiscono in un limbo giuridico-sanitario e visto che non sono più gestibili vengono trattati con psicofarmaci, che non sono la soluzione al problema, anzi aumentano i danni, come nel caso di Andrea – aggiunge il legale -. Le cartelle cliniche dimostrano come sia stato imbottito di farmaci ad alto dosaggio senza che ce ne fosse la necessità, riducendolo a un vegetale. Andrea è stato buttato fuori probabilmente perché doveva lasciare il posto a qualcuno che poteva portare soldi. E così hanno creato una storia ad hoc, chiamando anche il 118 e millantando crisi che non ha mai avuto>>.

E Giusy Versace è chiara: <<non è un modo per piangerci addosso ma un modo per unirci e uscire dall’ipocrisia del “siamo tutti uguali”, dell’estetica della disabilità ovattata – conclude -. Lo Stato ti obbliga a vergognarti e ti chiude nelle stanze di casa. Ma noi non vogliamo chiedere a nessuno di darci il diritto di vivere>>.

Simona Musco – tratto da “Il Garantista”