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Definirsi "Testimone dell'Annunciazione" è un atto che risiede nella grandezza delle piccole cose

Maria S.S. Annunziata PellegrinaMaria S.S. Annunziata PellegrinaNon ho mai incaricato chi di competenza a scrivere un articolo in cui il mio nome comparisse nel grassetto di un titolo, magari attorniato da lodi e superlativi, al fine di cospargermi di snaturata importanza e conferirmi la classica visibilità, punto di arrivo e motivo di vita per molti membri della società moderna. Eppure in un arco temporale della mia vita, non lontano dai respiri di oggi, ho partecipato a svariati concorsi letterari, nazionali e internazionali e, nonostante fossi un menestrello, ho conseguito dei risultati brillanti.
La curiosità che dapprima mi ha spinto a partecipare, nel corso del tempo si è trasformata in una ragione di vita, tanto ad avermi indotto alla partecipazione passiva ai lavori. Credo che la scrittura richieda l'esternazione delle proprie emozioni condite da dosi variabili di sensibilità, espresse per mezzo di una propria tecnica e pertanto, ciò non può essere considerato argomento di competizione: ogni emozione è sempre vincente. Anche se quanto ho appena esposto potrebbe essere catalogato come contenuto di poco conto, lì dentro vi si trovano le risposte ai perché in testa ad una moltitudine di frasi, spesso ad indirizzo comune e non solo individuale. All'interno di questo editoriale, per mezzo di spunti tecnici e poetici, avverto la necessità di far sentire la mia voce, semplicemente per quel GRATUITO amore che mi lega a questa terra. Noto con dispiacere i malori che diventano sempre più grandi, le potenziali vie di crescita che si restringono, la staticità dentro la quotidianità e, per quanto concerne le iniziative, che dovrebbero essere punti di forza, eccetto alcune ammirevoli, credo che molte continuino a trovare fondamento nel soddisfacimento degli ideali e dei bisogni di pochi e non nell'interesse della collettività. Nei confronti di questa realtà, malgrado la distanza, cerco, a modo mio, di essere presente.
Parrocchia SS Annunziata TorinoParrocchia SS Annunziata TorinoI versi che oggi voglio condividere, raccontano la metafora di un viaggio, con spruzzi di fantasia e sempre in linea con quanto si è tramandato nel corso degli anni. Sebbene qualche tempo fa fossero stati premiati all'interno di una competizione letteraria e quindi, approdati tra il cuore e la mente di una cerchia di persone, avevo deciso di lasciarli nel buio di un cassetto per portarli alla luce in un futuro appropriato. Scrivere è senz’altro una mia esigenza, ma credo che alcune creazioni debbano essere condivise con il mondo quando se ne percepisce il bisogno. Il momento adatto esula dalla sala d'aspetto di una cerimonia, di una manifestazione o di un’atmosfera creata appositamente. Oggi, ho deciso di mostrare questi versi agli occhi di quell'insieme di persone che molto probabilmente dovrebbero sentirsi più coinvolte rispetto le precedenti. Non mi reputo presuntuoso se affermo che all'interno della poesia sia presente qualcosa che va al di là del mio, come segni e coincidenze che mi hanno indotto a scrivere e soprattutto mi hanno accompagnato durante la stesura, avvenuta in due tempi e in due luoghi geograficamente molto distanti. I versi trovano fondamento su una realtà storica che mi appartiene, nella quale sono fondate le mie origini, e che appunto le coinvolge ancor prima del 1859, anno di fondazione della Confraternita Maria S.S. Annunziata. Credo che definirsi “Testimone dell’Annunciazione” significhi pronunciare con coraggio nella vita di ogni giorno lo stesso “Sì” di Maria, il “Sì” pronunciato da Gesù Cristo dinanzi la Croce e più in generale, accettare il Progetto di Dio. Ma questo concetto si ripercuote in maniera significativa all’interno della società moderna, dove una affermazione come un “Sì” ha un potere di carattere distruttivo.
La distruzione molto spesso va ad attaccare la sfera relazionale, il destino di una città, il sorriso di una persona. Essere “Testimone dell’Annunciazione” non significa andare ogni giorno in Chiesa, far parte del direttivo di una Confraternita, star sotto le stanghe di una Vara. Essere Testimone dell’Annunciazione è un concetto che va al di là degli schemi mentali, che risiede nella grandezze delle piccole cose, nella sincerità di un sorriso, nel coraggio di una promessa, nella fiducia di una parola. Dedico questi versi a chi ha distrutto questa terra e a chi senza coscienza continua a farlo, a chi ha offeso l’intelligenza altrui e a chi non si rassegna e ci prova ogni giorno, a chi continua a trovarsi nel posto sbagliato e privo di buon senso non vuole abbandonarlo, a chi parla di sincerità e di coerenza e ahimè ancora non ha conosciuto la sua libertà. Ma soprattutto dedico questi versi a chi è stato un vero “Testimone dell’Annunciazione” e ci sta guardando dal cielo, a chi lo è in silenzio, a chi un giorno lo sarà.
 
TESTIMONE DELL’ANNUNCIAZIONE
 
E poi mi s’avvicinò una nuvola
ornata di fiori azzurri e bianchi,
un uomo mi disse “Vieni con me,
andiamo in un dove, oltre il tempo”.
E il vento ci guidava nel cielo
e la città era sempre più piccola,
entrammo in un’orbita a spirale
e finimmo nel suo punto d’inizio.
In quel luogo il sole era giovane
diverso era il rumore della vita,
e scesi dai gradini della nuvola
fummo in un villaggio di pietre e canne.
 
Eravamo due corpi invisibili
e solo un’aquila ci vedeva dal cielo,
la umile gente lavorava in silenzio
e gli ulivi erano dipinti da marzo.
In un angolo c’era una fontana
e file di anfore tra giovani braccia,
dal cielo l’aquila lanciò una piuma
che cadde su una bellissima donna.
C’avvicinammo verso i suoi occhi,
profondi e colmi di tenerezza e grazia,
e poi seguimmo i suoi timidi passi,
sino a una piccola porta di legno.
 
L’aquila ci volteggiava più da vicino,
un senso di pace si stava materializzando,
e poi ci venne incontro con un acuto grido
e una forte luce la trasformò in Angelo.
Avvolti dalla gloriosa benedizione di Dio
entrammo in casa cosparsi di luce,
Maria era seduta su una piccola seggiola,
assorta nei pensieri di giovane fanciulla.
Appena lo stato di buio si tinse di albore
la giovane donna si colorò di spavento,
e dopo le prime parole dell’Angelo Gabriele,
la sua paura si trasformò in entusiasmo.
 
E io e l’uomo assistemmo in silenzio,
assistemmo alla scena che cambiò il mondo,
e io e l’uomo fummo testimoni
dell’imminente nascita del Salvatore.
E dopo che l’Angelo ci salutò col sorriso,
Maria rimase in ginocchio a pregare,
e io e l’uomo, interdetti dalla splendida scena,
uscimmo di casa con occhi cambiati.
E fuori l’aquila volava già alta nel cielo,
gridava al mondo l’importanza dell’evento
e ci guidò lungo la strada del ritorno
quel 25 di marzo sulla terra di Nazareth.
 
E saliti sulla nuvola che c’attendeva
vedemmo le ultime sfumature di quel tempo,
il vento ci condusse dentro la spirale,
e poi fummo nel cielo degli anni Duemila.
Capii che il viaggio era quasi finito
solo quando i tetti e le strade erano vicini,
l’uomo mi disse “Devi raccontare al mondo
la purezza della Verità che hai visto”.
E io richiesi a lui chi fosse e il suo nome,
mi disse “Abbi fede, ti sto sempre vicino,
conosco tutto di te, ogni tuo singolo passo,
ti benedico: sono il tuo Angelo Custode”.
 
Vincenzo Scordo