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BAGNARA CALABRA In programma l'evento in onore del vescovo Tommaso Ruffo

Tommaso RuffoTommaso RuffoTutto pronto per onorare uno dei più illustri nostri concittadini in occasione del IV centenario della nascita. Dell'evento se ne sta occupando la Pia Unione di Santa Cecilia in collaborazione con la Parrocchia di Santa Maria degli Angeli e l'associazione musicale città di Bagnara. Questo degno figlio di Bagnara è nato il 6 settembre 1618, figlio del duca Francesco e di Giovanna duchessa di Santa Croce.

Al battesimo gli fu imposto il nome di Giacomo. A 15 anni il giovane fu mandato a studiare nella capitale, Napoli. Fu ordinato sacerdote nel 1644 a 26 anni; negli anni successivi ricoprì numerosi incarichi di prestigio e responsabilità nel suo Ordine; dal 1648 al 1650 fu reggente degli studi nella sua provincia detta “Regni”; per complessivi 23 anni fu rettore del Collegio S. Tommaso d’Aquino di Napoli, facoltà teologica impostata secondo i programmi di quella famosa di Salamanca. Nel 1652, a 34 anni, i superiori lo nominarono, Padre Provinciale e dal 1668 fu per due volte priore del convento di S. Domenico Maggiore in Napoli, dedicandosi alla ristrutturazione dello stesso a proprie spese. In tutti gli incarichi si rivelò severo contro gli abusi e la rilassatezza dei frati e umile per la santità di vita. Nel 1667 fu nominato procuratore generale dell’Ordine e quindi si trasferì a Roma; pur avendo rifiutato due volte di divenire vescovo, alla fine papa Innocenzo XI, il 10 aprile 1684, lo nominò arcivescovo di Bari, dove giunse il 23 luglio. Come vescovo, iniziò la visita pastorale a tutte le chiese e monasteri della diocesi; applicò la disciplina monastica per i conventi di frati e suore; curò la formazione e l’aggiornamento del clero, ampliò il Seminario, riportò l’ordine e la correttezza in situazioni scabrose del clero diocesano. Denunciò gli abusi e le ingerenze della nobiltà nella vita ecclesiale; fu buono e paterno con i poveri, che soccorreva in ogni necessità, sia spirituale che materiale, non esitando ad utilizzare i suoi beni personali e le rendite di famiglia.

La fama di santità del vescovo Tommaso Ruffo si diffuse ben presto, oltre che per la sua carità, anche per i doni profetici e per i suoi interventi nei casi di ossessione. Uno degli ultimi atti che compì sul letto di morte fu quello di ordinare la vendita dell’argenteria di sua proprietà, ereditata dalla sua nobile famiglia, e di distribuirne ai poveri il ricavato. E' impensabile parlare della vita e dell’opera di monsignore Ruffo in un breve scritto, come il presente, poiché esse sono talmente ricche e dense che ogni singolo aspetto meriterebbe un articolo a sé: basti pensare alla complessità del rapporto del Presule con le varie autorità civili; della sua formazione giovanile - avvenuta per giunta, per un periodo di tempo, in Spagna -; del ruolo svolto nella costruzione fisica, ma non solo, della chiesa e del convento di San Domenico Maggiore in Napoli; della sua sollecitudine verso i poveri; della sua grande opera di riforma della vita religiosa e poi del clero, che partiva sempre dalla sua persona; delle sue esperienze mistiche; della sua santità.

Una fiugura tanto straordinaria da portare Benedetto XIII, domenicano come il Ruffo, ad esclamare: «Gli atti e le opere di mons. Ruffo sono ammirabili, ma non imitabili». Nei prossimi giorni sarà reso noto il programma che si sfongerà sia nella nostra cittadina che a Napoli e Bari.

Mariacarmela Fiorenza