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La UIL a fianco dei lavoratori. Il giudice del lavoro accoglie il ricorso contro licenziamento collettivo

  • Categoria: Sociale

1 Il Segretario Generale della UIL Nuccio Azzarà1 Il Segretario Generale della UIL Nuccio AzzaràCon ordinanza dell’11/09/2017 il Tribunale di Reggio Calabria sezione lavoro in persona del G.L. Dr.ssa Francesca Patrizia Sicari, accoglieva integralmente il ricorso ex art. 1 comma 47 L. 92/2012 (Legge Fornero), promosso dai lavoratori non soci dipendenti della Cooperativa Sociale Rinascita Onlus,  avverso il licenziamento collettivo comminato dalla società datrice di lavoro, statuendo la nullità del provvedimento espulsivo,  in quanto integrava la fattispecie del “motivo illecito determinante” con carattere ritorsivo e come tale discriminatorio con ciò disponendo la reintegrazione dei ricorrenti nel posto di lavoro e la condanna della società al pagamento di un’indennità risarcitoria in loro favore. Un provvedimento che potrebbe apparire il normale epilogo di una vertenza di lavoro come tante, ma non è così, dietro questa vicenda, infatti, vi sono molteplici aspetti che meritano di essere sottolineati.

Brevemente i fatti: dopo un periodo di  CIGD ( 2013-2014), nel febbraio del 2015 l’Assemblea dei soci della Cooperativa,  a suo dire per mantenere i livelli occupazionali stante il perdurare della crisi del settore, imponeva  a tutti i propri lavoratori un contratto di solidarietà per la durata di un anno, che prorogava di un altro anno fino al dicembre del 2016, applicando però un discrimine, ossia  per i lavoratori non soci una  riduzione dell’orario e della retribuzione del 50% rispetto al contratto originario, mentre  per i lavoratori soci una riduzione oraria e retributiva pari al 19%.

Nella speranza di mantenere quantomeno il posto di lavoro, i lavoratori non soci sopportavano tale sacrificio apparentemente transitorio. A dicembre del 2016, la governance aziendale, con l’avallo dell’assemblea dei soci, decideva che la trasformazione contrattuale dovesse divenire definitiva e sostanziale, proponendo ai lavoratori la sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato a 19 ore settimanali per i non soci, la non adesione avrebbe fatto scattare il licenziamento.

Contestualmente ai lavoratori soci, veniva fatto sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro part-time di 32 ore settimanali con relativo adeguamento stipendiale.

Di fronte al diniego di coloro, che con la dignità e coraggio non hanno inteso piegarsi a tale ricatto, la società intraprendeva la procedura di licenziamento collettivo per riduzione del personale e portava così a compimento il suo progetto licenziando i nove lavoratori non soci dissenzienti.

Il risultato giudiziario ottenuto, che ha sanzionato le violazioni perpetrate dalla società datrice di lavoro, segna la fine di un tormentato percorso, intrapreso a fianco dei lavoratori, fin dal primo momento ed in tutti i suoi passaggi, dalla Camera Sindacale UIL di R.C.. La UIL di fronte a tale palese violazione dei diritti dei lavoratori ha ritenuto di dover offrire loro, oltre il patrocinio sindacale anche quello legale rappresentato magistralmente dall’avvocato Anna Gloria Palamara. La eclatante ingiustizia subita dai lavoratori che meritava il massimo sforzo delle migliori energie dell’Organizzazione ben consapevole che dietro vi fossero famiglie disperate che si erano viste private per mesi del dovuto sostentamento economico.

L’avere coinvolto le diverse professionalità di cui dispone la sede sindacale di Reggio Calabria, che hanno lottato al fianco dello scrivente con pervicacia in tutte le sedi istituzionale e non, fino all’epilogo dinanzi l’autorità giudiziaria, è stato ricompensato alla distanza, con il riconoscimento dei diritti dei lavoratori ingiustamente discriminati e il ripristino della legalità.

La soddisfazione del risultato ottenuto, trova conferma e riscontro, nella parte motiva dell’ordinanza del G.L., che ha ritenuto fondati i motivi contenuti nel ricorso del difensore dei ricorrenti e legale convenzionato della UIL avv. Palamara, che ha eccepito la nullità del licenziamento impugnato, sia in ordine alle violazioni procedurali perpetrate dalla società datrice di lavoro, nell’applicazione di criteri di scelta contra ius indicati nella procedura per riduzione del personale, che sotto il profilo sostanziale, stante il carattere discriminatorio dei provvedimenti nulli per  fatto illecito determinante.

La sinergia e collaborazione fortemente voluta ed ottenuta dal segretario generale Nuccio Azzarà (nella foto), ha consentito al legale di approntare una difesa che, tirando le fila delle diverse fasi della vicenda protrattasi per oltre nove mesi,  ha focalizzato tutte le ragioni atte a rappresentare al Sig. Giudice del lavoro adito, una ricostruzione puntuale e precisa degli eventi verificatisi, suffragata da copiosa documentazione allegata,  dimostrando con estrema chiarezza, il nesso di causalità tra il fatto ritorsivo posto in essere e l’evento espulsivo. 

Si legge, infatti, nella parte motiva dell’ordinanza: “Non è sufficiente invocare semplicemente la crisi aziendale e la necessità di riduzione dei costi. Infatti pure a volere dare per effettiva la crisi aziendale e senza entrare nel merito della scelta imprenditoriale volta a fronteggiarla, resta fermo che la discrezionalità del datore di lavoro deve pur sempre rispettare i principi di correttezza e buona fede cui deve conformarsi anche la condotta delle parti nel rapporto di lavoro. Nel caso di specie la condotta datoriale ha palesemente violato i detti principi operando una discriminazione ingiustificata ed illecita tra “lavoratori soci” e “lavoratori non soci”, nella ripartizione dei sacrifici ritenuti necessari per procedere alla riduzione del costo lavoro, avendo posto in essere una riduzione oraria minima per i soci lavoratori e invece un abbattimento del 50% per i lavoratori non soci”…  “pertanto risulta legittimo il rifiuto dei lavoratori non soci di aderire alla proposta di un part-time a 19 ore settimanali, con la conseguenza che la manifesta violazione del divieto normativo di licenziare il lavoratore che rifiuti la trasformazione del rapporto di lavoro integra il motivo illecito nonché il carattere esclusivamente ritorsivo e come tale discriminatorio del licenziamento”.