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Scilla, c’è anche la corrente “Vision board” nella mostra internazionale “Viaggi”

MC 05280 copiaMC 05280 copiaUno sguardo nello sguardo. Un occhio attento che riesce a cogliere i cambiamenti dell’anima, traslazioni rispecchiate perfettamente nell’arte. Mentre la rassegna “Scilla jazz festival 2019” ha chiuso i battenti per questa stagione, al castello Ruffo prosegue fino al 25 agosto “Viaggi. Mostra internazionale tra mito, natura, bellezza” curata da Guido Folco, direttore del Museo MIIT di Torino e della rivista Italia Arte.

 

Tra gli obiettivi del museo Miit c’è la promozione delle nuove correnti artistiche, affiancando alle mostre tradizionali personali e collettive, anche esposizioni mirate e a tema, incentrate sull’attività di particolari correnti e gruppi artistici, ponendo in risalto le peculiarità di ognuno.

Oltre ai fondatori di tali correnti, altri artisti, maestri dalle carriere conclamate oppure giovani di ottime speranze, sono chiamati ad unirsi a tali gruppi, nel caso di condivisione di poetiche, intenti, visioni, per sviluppare concetti ed idee attraverso una produzione coerente ed una attività espositiva internazionale promossa dal Museo MIIT presso prestigiosi enti, istituzioni, fondazioni, musei, gallerie, fiere d’arte internazionali.

Tra i primi ‘Manifesti’ promossi e divulgati dal gruppo c’è la ‘Vision Board’, corrente fondata dallo scultore e pittore Carlo Bellomonte e dal pittore Giovanni Di Ceglie, già oggetto, negli scorsi anni, di alcune mostre curate dal museo. Con questa ulteriore esposizione si mette a fuoco il percorso ideale e il significato della ‘Vision Board’, coinvolgendo altri artisti italiani e stranieri che potranno, in seguito, entrare a far parte della corrente, condividendone i principi artistico-culturali. La filosofia di “Vision Board”, oltre alla forma espressiva in pittura o scultura, conta il contenuto, l’idea: il gesto viene unito al pensiero positivo di poter e voler realizzare i propri desideri. Aspettative, speranze di un futuro come lo vorremmo che sono già reali, concrete e hanno solo bisogno di essere svelate e accolte: una tecnica e una metodologia esistenziale che permetterebbe di concentrarsi giorno dopo giorno sui nostri desideri, mettendoli a fuoco e cercando quindi di realizzarli.

L’arte e la creatività possono aiutare questo procedimento, in quanto liberano la mente e contribuiscono ad affrontare la realtà con immaginazione. A questa tematica è dedicata la doppia personale dello scultore Carlo Bellomonte e del pittore Giovanni Di Ceglie. Una riflessione su opere di due artisti molto differenti fra loro, ma complementari per affinità introspettive e psicologiche. Anche la formula adottata, con Carlo Bellomonte ad invitare Giovanni Di Ceglie per presentare i suoi lavori armoniosamente fusi con le sue sculture, racconta di un percorso umano e creativo nuovo, in cui amicizia e speranza si manifestano per il raggiungimento di un obiettivo comune. D’altra parte, la Vision Board di Bellomonte e Di Ceglie parte dal concetto fondante dell’Uomo e della natura, intesi come elementi indissolubili del Creato. Ogni scultura di Bellomonte, infatti, presuppone la conoscenza del Sè, l’indagine profonda sulla spiritualità dell’Essere che, attraverso la materia, si fa realtà, manifestandosi ai nostri occhi. L’utilizzo del ferro di recupero, di cromatismi sorprendenti per risolvere una visione dello spazio e dell’idea vibrante e fluida, rende le opere di Bellomonte un continuo percorso alla ricerca dell’essenza della vita, a volte interpretata con ironia, altre con disincantata passione. I sette livelli del Nirvana, la sagoma femminile appena accennata dal movimento del metallo, la forza dirompente di strutture complesse trasformano in alchemica rappresentazione il materiale inerme, infondendogli nuova linfa vitale. Anche i lavori di Di Ceglie, dalle composizioni quasi monocrome e dipinte a velatura, con sovrapposizioni tonali in trasparenza e forme definite da contorni evidenti, agli elegantissimi teli in cui forme e figure sublimate nello spirito appaiono come ectoplasmi sognati, indefiniti e impalpabili, ci parlano di una Vision Board interiorizzata e pulsante. L’artista sogna, immagina e crea e tale processo diventa realtà tangibile, forma, spazio, colore donato all’osservatore per una sua profonda autoanalisi. Non nuova corrente artistica formale, quindi, ma espressione di libertà di sentimenti e aspettative esistenziali e artistiche.

Spiega Carlo Bellomonte: «Non siamo in una sorta di "Dadaismo" romantico, se non inteso come libertà espressiva, proprio perchè non identificabili nel gruppo da una liaison, anche se accomunati da quell'energia che garantisce la convivenza fra gli artisti e i lavori esposti. Nell'Arte, è luogo comune affermare si sia già visto tutto, cosa cui non credo, come credo sia inderogabilmente giunto il momento di sentire e sentire nel più profondo. Nel ferro di recupero e a volte rottamato, cerco quel pezzo che si sposa con il mio pensiero del momento ed ancor più, è interessante scoprire che quel qualcosa di apparentemente insignificante si rivelerà essenziale, anche solo per una piccola traccia di colore conservata fra le ruggini: e per questo viene "salvato", per testimoniare ancora, per non finire nell'oblio, per gratificare di un'emozione che ci sopravvive».

Tra gli artisti presenti si segnala la personale del maestro Adriano Sambri, che presenta una selezione originale e raffinata di dipinti su tela, caratterizzati dal suo linguaggio immediato e fortemente cromatico: una quindicina di opere che raccontano il percorso stilistico di Adriano Sambri e la sua grande passione per i maestri del Cubismo, di cui ha realizzato importanti copie d’autore. Nella sua arte la forma e la geometria si fondono con un senso innato per i contrasti chiaroscurali, dal ritmo incalzante e ottimamente sviluppati sul supporto, che diventa scenografia teatrale, immagine simbolica dell’esistenza. Adriano Sambri ha esposto in tutto il mondo presso istituzioni pubbliche e private come musei, fondazioni, Istituti Italiani di Cultura, gallerie prestigiose.

Infine la personale del maestro Luciano Bonetti, i cui dipinti su tela e tavola, sono caratterizzati da cromatismi, arricchiti da simbologie e metafore. Luciano Bonetti, artista maturo e risolto dei nostri tempi, affonda il suo spirito pungente e romantico al contempo nelle piaghe e nelle pieghe del mondo, con profonda umanità e sottile ironia. Nei volti anonimi, accatastati, calpestati di migranti in fuga, così come in quelli asprigni e scaltri dei burocrati, Bonetti scava negli sguardi, realista contemporaneo, svelando paure e sospiri di una società malata. Nel colore appassionato trova però il riscatto dell’anima, nel gesto dinamico del segno la speranza di un futuro destinato a cambiare, in perenne mutamento, quindi suscettibile anche di giorni migliori. Quella di Luciano Bonetti è un’arte raffinata, per forma e contenuto, per il messaggio sociale e trasversale, alto e popolare che viene in aiuto al nostro pensiero a volte sconsolato e rassegnato. L’esistenza entra nei suoi dipinti con veemenza, nelle ultime carte realizzate su fogli grezzi emerge tutta la sintesi potente di una linea che si fa forma, volume, idea nell’immediatezza di un’emozione. Ogni opera è come uno scatto fotografico, in cui il viaggio diventa pensiero e ascolto, il colore sentimento ed emozione, il segno denuncia e speranza. L’Uomo è il grande protagonista della sua arte, con le proprie ansie e le proprie utopie, attore di un nuovo Rinascimento possibile. Bonetti ha esposto in tutto il mondo presso istituzioni pubbliche e private come musei, fondazioni e importanti gallerie.