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Gli impareggiabili magnifici Priori della Congrega di Santa Barbara di Pellegrina

Santa BarbaraSanta Barbaradi Peppino Maisano
 
Con la morte di Matteo Florio avvenuta il 03 u.s. alla veneranda età di 92 anni ampiamente superati, è venuto a mancare l’ultimo baluardo superstite di una razza di impareggiabili e magnifici Priori che la Congrega S. Barbara di Pellegrina vanta di avere avuto nella sua secolare storia iniziata nel lontano 1913.
 
Farò una rosa di nomi di Priori che non vuol dire privilegio, né tanto meno osanna; ma perché loro, soltanto loro, a mia memoria e discutibile giudizio, hanno saputo meglio magnificare e consacrare nell’immaginario l’eredità di valori e di passioni ricevuti dai predecessori fondatori, irrobustendola con fantasia e fierezza nel farla transitare dalle loro nelle mani delle più giovani generazioni.
 
Avevano appreso alla saggia e dura scuola del dovere, dell’impegno e della pazienza, virtù che, come la goccia col tempo spacca la pietra, hanno la forza di stimolare il convincimento e di allargare di conseguenza gli spazi del coinvolgimento e della solidarietà. Luigi Albanese, Matteo Mandrafina, Antonino e Vincenzo Maisano, Calabrò Giuseppe e Paolo, Carmelo Buda, Ippolito Francesco, Curatola Domenico arditi fondatori e antesignani dell’associazionismo locale ante litteram, con altri 107 capi-famiglia, avevano piantato il primo seme e lottato per fare nascere e legittimare dall’Arcivescovo, con l’aiuto del parroco locale dell’epoca Don Vincenzo Curatola, la Congrega di Sansone, cui hanno dato il nome “Santa Barbara” in onore alla fanciulla (egiziana?) martirizzata dalla furia del severo padre. Poi, a risultato ottenuto e paghi, esplosero la gioia e la festa, tanto da liberare il canto del compaesano poeta dialettale che consacrò il tripudio dei congregati con la memorabile cantata “Palarinoti la festa si fici …”, recuperata anni fa insieme ad altri canti a tema vario, tramandati dalla consuetudine orale di allora, che qui ora non si intende richiamare per inneggiare o esaltare i pochi, ma solo per ricordare alle odierne generazioni la forza dell’entusiasmo e lo spirito della volontà che hanno animato un tempo i nostri antenati fondatori.
 
Priore Domenico Vitetta (1893 – 1982) (Mastru Micu) - statura media, baffetti a manubrio, occhi e sguardo mobilissimi, resse la Congrega dal 1945 al 1946 con la guida del Padre Spirituale Mons. Don Salvatore Gioffrè Delegato arcivescovile. Fabbro ferraio di mestiere in tempi in cui le uniche attività lavorative su cui poggiava l’intera economia, non solo locale, erano rivolte alla coltivazione dei vigneti, dei campi e dei boschi e le sua opera era fortemente richiesta in ogni campo di attività, dalla coltivazione ed estrazione dei prodotti della terra alla cura di molte essenziali necessità domestiche, tanto da porlo nel paese al centro di continui contatti con persone e interessi anche a volte delicati per la difficoltà della utenza di allora di poter risolvere in tempi ragionevoli giacenze arretrate e necessità quotidiane. Simpatico di carattere, sempre pronto alla battuta, ora comica ora ironica, sempre mordace, autentico esponente della galanteria di quegli anni, era nipote di quel Mastro Luigi Albanese, anche lui fabbro ferraio, possidente, noto come uomo pacato e ragionevole che, nella bagarre di allora determinatasi a seguito della costituzione della nuova Congrega, non aveva esitato più di tanto a mettere le mani in tasca e i denari sul tavolo e a spendere ogni energia fisica per realizzare il progetto immaginato e disegnato. La fucina perciò di Mastru Micu, posta sulla Nazionale di Grimoldo era quindi punto obbligato di passaggio per tutti e anche luogo di incontro per i confratelli più accesi che discutevano davanti “o Mastru” e alla sua incudine, considerandola quasi una scrivania o una cattedra, attestandogli merito di ascendenza, di esperienza e sagacia, i problemi della Congrega e dei soci, nonché il come risolvere le diatribe con “l’altra Congrega. L’ho conosciuto bene, da ragazzo, da giovane e anche più avanti negli anni, fino a quando venne a mancare nel cordoglio della famiglia e dei paesani,
 
Priore Benedetto Maisano (1912 – 1988) (Benidittu) – ha retto la Congrega dal 1959 al 1961, dal 1973 al 1976 e dal 1978 al 1980, stanti Padri Spirituali Don Giacomo Vareschi e Don Angelo Attinà. Volendo fare un paragone sportivo per definirlo e descriverlo gli si può attribuire verosimilmente il ruolo di ala portante della Congrega, per la sua spiccata tendenza alla intensa mobilità nel tenere contatti stretti e rapidi col gruppo guida della Confraternita. Abitava alla estrema periferia di Pellegrina e tale sua disagiata collocazione gli imponeva continui e rapidi spostamenti per potersi relazionare e scambiare pareri con gli altri confratelli dimoranti in posizione più ottimale rispetto a lui, e perciò tra loro meglio collegati. Era l’unico che con la Congrega viveva un rapporto di tipo quasi ipertrofico, tanto smisurato era il suo attaccamento al sodalizio e tanto grande era il suo timore che la Congrega potesse subire scosse dovute a ingegnosità esterne o a contraccolpi interni. Viveva col terrore del colpo a sorpresa, interno o esterno, specie nelle vigilie delle festività. Di fisico agile e di sguardo penetrante aveva la capacità di attraversare il paese da un capo all’altro infinite volte e a qualunque ora del giorno per raccogliere informazioni e per tessere la sua tela in favore del sodalizio. Nelle occasioni dei festeggiamenti annuali in onore della Santa, sia si trattasse della festa ricorrente il 4 Dicembre, che della solennità di Agosto, quando maggiormente si gareggia con l’altra Congrega, era lui che stava principalmente dietro agli impresari delle luminarie e dei fuochi d’artificio, dell’intrattenimento dell’ultima sera e degli addobbi vari lungo il percorso della processione, perché soprattutto su tali aspetti, secondo il suo pensiero, chi guarda e aspetta misura l’abilità e la capacità del saperla spuntare e vincere con gli altri. Mi veniva spesso a trovare, durante alcuni passaggi topici dell’indaffaramento festivo, perché ci teneva conoscere il mio pensiero di confratello e di stretto parente.
 
Priore Giuseppe Artuso (1913 – 2010) (U Portalittari) - ha retto la Congrega dal 1966 al 1971 stante Padre Spirituale Don Angelo Attinà. Uomo moderato, di temperamento tranquillo e carattere fermo, alto di statura, sorriso spontaneo ma riservato, vantava un’ampissima schiera di conoscenze e di relazioni anche per via dell’attività di postino che all’epoca svolgeva. A casa sua i cosiddetti “notabili” della Congrega degli anni 80-90 si incontravano spesso per progettare il da fare associativo o per dirimere le incomprensioni o i contrasti col Padre Spirituale in ordine ai preparativi e ai rituali, specie delle “Feste Grandi”. Era la persona più idonea e disponibile a sciogliere i nodi con la “Canonica” ed anche per questo suo essenziale ascendente godeva di prestigio tra i notabili e di rispetto nella più ampia considerazione dei confratelli. Stimato molto per la sua salda e incrollabile coerenza messa quotidianamente a dura prova dalla stretta vicinanza e dalle punzecchiature cui doveva soggiacere per gli inevitabili contatti quotidiani con gli “avversari”, e anche perché(ferita innocua ma sensibile) strettamente legato e imparentato con un tenace e combattivo fautore dell’altra Congrega. Nonostante il suo forte attaccamento alla Chiesa e il grande rispetto che portava e sentiva verso la gerarchia ecclesiastica, era stato in prima fila tra i dimostranti confratelli arrivati arrabbiati nella Curia Arcivescovile di Reggio allorché, negli anni 60, la Congrega aveva subito l’onta dal Parroco per la bocciatura del proposto Priore non convalidato. Con me ha mantenuto sempre ottimi rapporti, l’ho stimato perché l’ho conosciuto bene con un quasi continuo confronto; e quando con l’avanzare dei suoi anni ha cominciato a diradare le sue uscite da casa, passavo ogni tanto dalle sue parti per salutarlo e fargli sentire un po’ di vicinanza amica.
 
Priore Matteo Florio (1927 – 2019) (Matteu) – ha svolto i mandati dal 1961 al 1963 e dal 1971 al 1973 – Padre Spirituale Don Angelo Attinà. In linea con le ventate di novità arrivate in tutti i campi nel Paese col 68, anche lui, insediatosi subito dopo alla guida della Confraternita, volle imprimere il segno del cambiamento al suo secondo mandato rivolto con particolare attenzione al programma della Festa Grande che la Comunità ogni anno si aspetta dalle due Congreghe. Fu così che, in preparazione della sua festa, per affrontare meglio e più sicuro una nuova esperienza importante e di carattere innovativo, ricorse alla cooptazione di soci esterni al Direttivo per la programmazione e la preparazione della Festa messa in calendario per l’Agosto 1971. Fino ad allora la consuetudine vigente aveva preteso che l’intrattenimento serale nella giornata clou della Festa fosse affidato a un complesso bandistico(orchestra di fiati), anche di fama, chiamato magari da sedi lontane(Chieti – Acqua Viva delle Fonti, per citarne alcune), che, accolto in idoneo “palco” a pianta esagonale costruito a incastro e tessere in legno dipinte o istoriate, posto in piazza davanti la Chiesa, eseguiva brani scelti di opere liriche. Fu pensato di superare la tradizione, divenuta ormai obsoleta, anacronistica e quasi goffa in una realtà dove l’ormai imperante televisione andava trasformando e modificando anche queste zone dormienti, pigre e distanti dai grandi centri, sempre primi ad anticipare il progresso e le opportunità, con l’introdurre, nello spazio dedicato all’intrattenimento musicale dell’ultima serata, una novità assoluta per allora, la musica leggera affidandola all’esibizione di una star di provata notorietà , Matteu fu entusiasta dell’idea, l’appoggiò e diede mandato di esperire ogni necessario contatto per pervenire al contratto che doveva assicurane la presenza e segnare per il paese l’avvento della modernità nel progetto logistico delle festività paesane.
 
In quel secondo transito 1971-1973 che ha segnato una svolta nel pensiero e nell’operare della Congrega, il Priore Matteo Florio ha riservato a me ed al confratello Antonino Vitetta il delicato compito di curare l’aspetto nuovo ed originale del programma delle festività di S. Barbara. Ignoro se siamo riusciti ad assolverlo nel rispetto delle aspettative dei confratelli e della Comunità perché proprio quell’anno 1971, nell’imminenza della Festa, un gancio inderogabile destinato ad accompagnarmi per tutto il mio futuro lavorativo, mi portò lontano da Pellegrina proprio nei giorni della Festa grande preparata con la nuova formula anche grazie al mio contributo. Ma la stima e il fervore sinceri che il Priore Matteu mi ha sempre nel seguito riservato mi lasciano tranquillo e sicuro del pieno suo gradimento e dei confratelli di allora. Ho seguito i suoi funerali il giorno 4 u.s. con molto cordoglio e mi preme dire che lo ricordo con affetto sincero.
 
I pensieri rivolti ai quattro Priori da me sopra richiamati, prima di chiudere voglio qui ripeterlo, non intendono esaltare o celebrare in forma particolare nessuno. Piuttosto, con la recente dipartita di Matteo Florio la memoria mi ha richiamato i ricordi della conoscenza stretta e dei contatti intensi che ho avuto con alcuni di loro, per frequentazione e conoscenza dirette. Questo e soltanto questo intendo qui testimoniare col mio presente scritto. Così come in pari modo la mia attenzione riverente e finale non può che indirizzarsi doverosamente a tutti gli altri Priori della Congrega di S.Barbara. Mi riferisco ai diversi Marino, ai diversi Pitasi, ai diversi Sciglitano, a Cambareri, a Giusuppe Maisano(Peppe), a Maceri, a Carbone, a Maio, a Giuseppino Florio e quanti altri la memoria non mi aiuta a ricordare, e ai Priori Onorari Giuseppe Bonfiglio, Tommaso Scordo e Martinello Pasquale in carica. Fino all’attuale Priore in corso di attività Francesco Spoleti, che proprio ieri l’altro ha concluso con tripudio la sua fatica della Festa grande di S. Barbara, nella gioia e col compiacimento dei pellegrinesi.
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