Martedi', 17 Settembre 2024
 
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Qui non è Hollywood

HollywoodHollywoodArriva un momento, negli ultimi giorni d’estate, in cui provi a mettere insieme i pezzetti di appunti sparsi qua e là nel corso delle settimane ardenti di feste e gelati, santi, madonne e granite, sole, mare e nottate. Roba sentimentale in genere, a tratti melensa.
L’anno scorso mi parvero spunti talmente smielati da vergognarmene a tratti, e affidarne la paternità ad uno pseudonimo. Quest’anno, non c’è pericolo. A Bagnara la situazione drammatica dal punto di vista delle infrastrutture (che sono poi quel che contano per qualsiasi agglomerato urbano), la vicinanza con centri vicini che negli anni hanno costruito e adesso raccolgono (Palmi e in parte Scilla, su tutte) che genera la frenesia vana del successo “a vocazione turistica”, nonché l’incapacità di superare schemi, eredità, strutture e modus operandi del passato, sono le principali zavorre che impediscono alla nostra comunità di riemergere a pelo d’acqua, di tornare a galla, di tornare a respirare. Chi opera oggi, così come chi ha operato fino a ieri, si trova a scontare, rispetto al territorio circostante, un ritardo di sviluppo quantificabile in circa una decina d’anni (non a caso, quasi, il decennale dal punto più basso della nostra storia cittadina: lo scioglimento per condizionamento mafioso e il dissesto economico-finanziario).
Siamo nel 2024 e a Bagnara non c’è un campo sportivo degno di tale nome, in erba sintetica; c’è ancora il terreno in massi e sabbia degli anni ‘40. Siamo nel 2024 e a Bagnara non c’è un palazzetto dello sport, a malapena una tensostruttura che necessita di costante manutenzione e non manca di diventare motivo di dissidi (cosa non lo diventa a Bagnara?).
Siamo nel 2024 e a Bagnara non c’è un Auditorium, una sala teatro, una sala cinema, una sala conferenze o centro polivalente. C’è solo una struttura vecchia di oltre quindici anni, un involucro vuoto che di anno in anno diventa sempre di più scheletro e lapide di quel che poteva essere e non è stato, e non è ancora. Manca solo l’epitaffio: “Qui giace la Cultura Bagnarese” (e le estati a 20/25 presentazioni di libri ce le possiamo mettere dove sappiamo). Siamo nel 2024 e l’altro giorno, dal mare, insieme a qualche amico avevamo quasi le lacrime agli occhi a vedere la “Morello” cadere letteralmente a pezzi.
Siamo nel 2024 e non c’è una struttura sanitaria degna di tale nome nel raggio di 40 km, con il fu Ospedale di Scilla chiuso a tempo indeterminato, una guardia medica su cui non fare affidamento e tempi di arrivo del 118, in caso di emergenza, non degni di un Paese occidentale.
Siamo nel 2024 e nell’antica Balnearia termale dei Romani va razionata l’acqua; sì, la siccità, ma anche un impianto colabrodo, che - letteralmente - fa acqua da tutte le parti.
Siamo nel 2024 e se la fogna si riempie la merda arriva a mare.
Siamo nel 2024 e il Porto cade a pezzi, e passa alla ribalta delle cronache nazionali per notizie ben poco edificanti. Siamo nel 2024 e il lungomare si presenta in uno stato compatibile con un bombardamento bellico.
Siamo nel 2024 e la Statale 18 resta l’unica via di accesso ad un paese sempre più relegato a diventare una fossa da cui scappare (specie per i giovani) anziché baia materna che allarga il proprio abbraccio verso lo Stretto.
Siamo nel 2024 e la pianta burocratico-amministrativa del Comune, principalmente per numeri, a mala pena riesce a reggere l’ordinario. Figuriamoci lo straordinario che sarebbe necessario per far uscire il paese dal ritardo culturale, sociale, economico e politico che sconta rispetto al resto del territorio.
Però oh, tranquilli. Possiamo ancora giocare un po’ a Guelfi e Ghibellini, o fare a gara a chi scrive il post più saccente, ficcante, forbito, erudito o satirico su Facebook. Possiamo ancora far finta che non ci riguardi nulla, che sia una lotta fra due parti, fra due famiglie, fra due partiti, fra due liste. Possiamo ancora stare a guardare sui social chi scrive cosa e perché, con chi ce l’ha, con chi se la prende. In fondo la situazione è solo grave, mica è seria. «Bagnara è prigioniera di un tempo sospeso, in attesa del giorno», scrisse Stefania Auci ne “I Leoni di Sicilia”, riuscendo a fotografare in poche battute la realtà (anche attuale) del nostro paese; un paese cui piace ingarbugliarsi intorno al proprio veleno. Che tanto poi tutti, chi ha colpito e chi ha incassato, chi ha vinto e chi ha perso, chi pensa di avere ragione (praticamente tutti) e chi sente di aver sbagliato (penso, nessuno), ci si ritrova sul lungomare col naso appiccicato allo smartphone, per vedere chi, alla fine, riesce a scattare la foto migliore del tramonto. «E trovo Andy il matto Che ha vent’anni che è lì E mi dice “Qui va bene così Tanto tutto è troppo Basta quel che hai E forse un giorno lo capirai” Ma te che ne sai, ma chi cazzo sei? Però so che ha ragione lui Perché lui è un matto autentico E io troppo spesso mi dimentico Che qui Qui non è Hollywood»
 
Gianmarco Iaria